Locazioni commerciali al tempo del Coronavirus!

Locazioni commerciali al tempo del Coronavirus!

LE LOCAZIONI COMMERCIALI E IL PAGAMENTO DEI CANONI IN REGIME DI COVID 19

Le misure emergenziali messe in atto dal governo italiano per cercare di fronteggiare l’emergenza epidemiologica e contrastare la diffusione del COVID 19 si riverberano anche sulle obbligazioni nascenti dai contratti a prestazioni corrispettive ad esecuzione differita e continuata o periodica.

In particolare con il DPCM 8.3.20 è stata disposta la chiusura d’imperio delle attività produttive considerate non indispensabili in questo difficile momento storico. Ciò ha determinato una drastica riduzione o una totale assenza di introiti e quindi “problemi di liquidità” per chi ha visto fortemente limitata la propria attività lavorativa o per chi ha subito -ed ancora sta subendo- la completa chiusura. Conseguenza: l’impossibilità o la rilevante difficoltà, per i titolari delle imprese, di far fronte a tutta una serie di obbligazioni, ivi incluso il pagamento dei canoni per le locazioni commerciali degli immobili presso i quali svolgono la propria attività. (Stesso ragionamento potrà valere ad es. per i canoni per il noleggio di automezzi aziendali e per altre obbligazioni similari assunte per poter svolgere l’attività commerciale).

Pertanto, il “legislatore dell’emergenza” ha adottato alcune “misure di sostegno” con il D.L. n° 18 del 17.3.20 (Cura Italia) per agevolare chi si trovi in una condizione di difficoltà tale da non poter adempiere a causa delle misure di contenimento del Virus. L’art. 91 del D.L. così recita; “Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 (responsabilità del debitore) e 1223 c.c. (risarcimento del danno), della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”. L’interpretazione plausibile di questa disposizione speciale rispetto alle norme generali sancite dai predetti art. del c.c. e dall’art. 1256 c.c. sembrerebbe nel senso di un’attenuazione dell’onere della prova a carico del debitore che, per andare esente da responsabilità per inadempimento e dal conseguente obbligo di risarcire il danno, dovrà solo dimostrare l’impossibilità oggettiva della prestazione, la sopravvenuta impossibilità ad adempiere- dovuta alle misure straordinarie di contenimento- senza dover anche dimostrare che l’inadempimento è dipeso da causa di forza maggiore, cioè da un evento non prevedibile, straordinario e da lui non governabile. Una sorta di presunzione, da verificare però nel caso concreto, sulla base della quale le misure di contenimento sono causa di forza maggiore. Resterebbe dunque esclusa la responsabilità del debitore da ritardato od omesso adempimento.

Peraltro, la suddetta norma non sembra legittimare l’interruzione del pagamento del canone di locazione da parte del conduttore e ciò, secondo alcuni, sarebbe confermato anche dalle previsioni di cui all’art. 65 dello stesso Decreto Cura Italia che riconosce un credito d’imposta del 60% dell’ammontare del canone di locazione -pagato, come precisato dall’Agenzia delle Entrate con Circolare n° 8 del 3 aprile 2020- per il mese di marzo in favore degli esercenti attività d’impresa, conduttori di immobili rientranti nella categoria catastale C1.

Secondo altre posizioni, in un contratto a prestazioni corrispettive, quando una delle controprestazioni diviene impossibile, dunque viene meno, anche l’altra controprestazione, cioè l’obbligazione dell’altra parte, si estingue. L’impossibilità di godimento dell’immobile per l’uso convenuto (il conduttore non può concretamente utilizzare l’immobile per lo svolgimento dell’attività commerciale per effetto di un provvedimento autoritativo) renderebbe di fatto impossibile la prestazione del locatore, facendo venir meno l’obbligo di pagamento del canone in capo al conduttore e la stessa causa negoziale concreta. In tali casi gli strumenti di tutela del contraente vittima di uno squilibrio venutosi a creare tra le posizioni contrattuali a causa di un avvenimento eccezionale ed imprevedibile, sono già contenuti nelle disposizioni del codice civile. Gli artt. 1256, 1258 e 1467 del c.c. infatti, riguardano l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore, definitiva e/o temporanea, l’impossibilità parziale, l’eccessiva onerosità sopravvenuta e determinano, in un caso, l’estinzione dell’obbligazione, nell’altro la possibilità di un adempimento parziale (pagamento in misura ridotta ed equa del canone) e, nell’ultima ipotesi, la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto fatta salva la facoltà del conduttore di offrire una modifica equa delle condizioni del contratto, per mantenerlo in essere. La risoluzione del contratto però, per la maggior parte dei conduttori e dei locatori che evidentemente avevano un interesse alla stipula del contratto, costituirà certamente l’extrema ratio e il ricorso a questo strumento dovrà essere valutato con particolare cautela al fine di evitare conseguenze negative.

Risulta evidente che le intenzioni del conduttore, qualsiasi sia il principio normativo prescelto, andranno espressamente esplicitate al locatore evitando condotte unilaterali non partecipate e non concertate con l’altro contraente anche nel rispetto dei principi di buona fede, correttezza e trasparenza, che potrebbero essere oggetto di valutazione da parte del giudice in un eventuale procedimento.

Dal canto suo il locatore che si determinasse ad agire in giudizio per ottenere la convalida dello sfratto per inadempimento potrebbe incontrare difficoltà a dimostrare la gravità dell’inadempimento del conduttore -vista l’innegabile esistenza delle misure emergenziali governative che hanno impedito a quest’ultimo di svolgere la propria attività lavorativa- e non ottenere l’ordinanza provvisoria di rilascio dell’immobile da parte del giudice, anche in caso di persistenza della morosita’. Stesso problema potrebbe porsi in caso di prosecuzione, su istanza del locatore, del giudizio per la domanda di risoluzione del contratto. Il conduttore dovrebbe invece dimostrare di aver ottemperato alle norme limitative, di aver quindi tenuto l’attività chiusa a lungo, un rilevante calo del fatturato e tutti gli altri elementi che gli consentano di dimostrare l’assenza di una sua responsabilità, quantunque colposa.

Ad ogni modo, rari sono i precedenti giurisprudenziali e gli orientamenti dottrinari relativi alle possibili applicazioni delle norme del codice civile richiamate, in caso di eventi come la pandemia in atto, evidentemente assolutamente straordinario ed imprevedibile.

Sarà possibile pertanto evocare la sospensione del pagamento dei canoni per il periodo di mancato godimento dell’immobile con ripresa della prestazione di pagamento quando la stessa divenga possibile, e il locatore potrà offrire di modificare equamente le condizioni di contratto. Ciò ad ogni modo evitando sospensioni o riduzioni dei pagamenti per decisione unilaterale del conduttore e senza previa comunicazione al locatore su quel che si intende fare. Sarà bene quindi prediligere un accordo espresso tra le parti, preferibilmente con l’assistenza di un professionista, ai fini di una sospensione o rinegoziazione e rimodulazione del canone (e degli altri obblighi contrattuali) parametrandoli all’impossibilità sopravvenuta di godimento dell’immobile locato.

Avv.. Paola Bellu